Postfazione

Attualizzare la memoria attraverso le arti

di Nicola Pianzola

Associazione Culturale PanicArte
Compagnia Teatrale Instabili Vaganti

 

Nelle pagine di questo libro, come nel mio percorso teatrale, la vita di un uomo è la vita di tutti noi, lettori, spettatori, e la memoria di un individuo è la memoria dell’umanità.

La scrittura, come il teatro, contiene in sé il dono prezioso di attualizzare la memoria.

Le mani e la terra rievoca semplicemente la memoria, ma riesce a renderla attuale, a contestualizzarla qui ed ora, a dare una ragion d’essere nell’attimo presente a qualcosa che appartiene ad altri contesti temporali o addirittura ancestrali, attraverso un concreto atto di creazione. Creazione di un contesto in cui la memoria trova un solco per proseguire il suo eterno moto, lasciando un’orma nel hic et nunc.

In questo modo la memoria del passato diventa memoria del presente.

Questa è un’operazione che necessita di mezzi concreti, ma effimeri, che abbiano la stessa materia indefinibile della memoria.

Anche il teatro lavora con questa materia, fisica e metafisica al tempo stesso. E’ per questo che nel mio percorso di attore e ricercatore considero la memoria come un punto di partenza fondamentale ed un potente strumento per la creazione artistica.

Ricordare è un atto compiuto, un atto materiale. Il corpo ricorda. Quindi il corpo può incorporare la memoria.

Se, come attore, predispongo il mio corpo ad accogliere e a manifestare la propria memoria, incorporando il passato, do vita al presente, attualizzo la memoria. Ecco allora crearsi questo solco, questo canale privilegiato attraverso il quale la memoria perpetua la propria esistenza e collega l’attore, materiale e corporeo, all’immateriale e incorporea dimensione dello spazio-tempo.

Le pagine che precedono le mie parole, insieme alla mia personale memoria, sono state la base per l’attuazione di questo processo.

Quando stavo lavorando al primo spettacolo della compagnia teatrale che ho fondato, mi trovai ad  interpretare il personaggio di Shigolch, un anziano musicista povero e malato. Sentivo la necessità di trovare una serie di parallelismi che mi avvicinassero a questa figura attraverso un processo autentico e verosimile, in modo che un personaggio anziano potesse vivere nel corpo di un giovane attore in maniera logica e realistica. 

Ho capito che il mio archetipo di “vecchio” era mio nonno Mario, e che, di conseguenza, il suo narrare, il suo modo di essere, la sua memoria dovevano in qualche modo appartenermi.

A partire dalla mia memoria, attraverso un lungo lavoro sul corpo e sulla voce, ho incorporato quella di mio nonno.

Non si tratta di rievocare attraverso il meccanismo della personificazione o dell’imitazione. L’attore attua una vera e propria incorporazione di un’esistenza, di una memoria che, per poter esistere, coesistono con la memoria e l’essere dell’attore.

Io, Nicola Pianzola sono un attore che è Shigolch, personaggio inventato da Frank Wedekind nel dramma Lulu, che è Mario Cipollina come la mia memoria lo ricorda, che a sua volta è personaggio di  “le mani e la terra” come la scrittrice Clara Cipollina lo ricorda. L’attore può diventare il personaggio di Shigolch-Mario, perché Mario è nella memoria dell’attore e questo attualizzarsi della memoria accade grazie alla presenza di un entità irreale: il personaggio di Shigolch.

Questo percorso, come quello del tempo, non può che avere una struttura ciclica. Anche il Bruno, il pittore raccontato nelle pagine del libro, riesce a compiere la stessa operazione utilizzando un altro strumento dell’arte: la pittura “[…] sembra che i ricordi fluiscano dal suo cuore e dalla sua mente verso la mano e il pennello”

In tale modo la storia di mio nonno, la sua memoria, continuano a vivere eternate nelle pagine di un libro, sulle tavole di un palcoscenico, sulla tela di un quadro, e il racconto di se stesso incontra il racconto di noi stessi, quando l’attore e lo scrittore incontrano lo spettatore e il lettore. Questo procedimento è incentrato sul meccanismo del dare e ricevere.

L’attore fa dono di se stesso allo spettatore, dando corpo e voce a ciò che un altro essere umano gli ha donato, così come l’autrice di “Le mani e la terra” restituisce a suo padre qualcosa che le è stato donato “ora che io sono diventata vecchia, ti ridò quel racconto”. Qualcosa che ha arricchito la sua esistenza “il suo narrare semplice e pacato […] ha sempre costituito una significativa colonna sonora alle varie sequenze del mio vivere.”

Abile tessitrice di reminiscenze, Clara Cipollina racchiude il significato di questo processo di attualizzazione della memoria in poche parole “un rimbalzo di sane emozioni che danno un senso alla vita”. Parole dense e sonore, che echeggiano come i passi di Shigolch che avanza dal buio della scena con un cappello e una valigia, percorrendo le orme della memoria “I stré is faun saimpre ciù lunghe e i gaumbe saimpre ciù curte…”.

                                                                          Nicola Pianzola