Prefazione

Prefazione


Il “luogo dell’anima” di Clara  si trova a Gavi, nel cuore della valle del Lemme, dove la campagna è ancora capace del silenzio dominato dai filari e da quell’impercettibile presenza del mare che  il vento porta con sé e le colline accolgono con tutti i suoi benefici influssi.

E’ lì, in quello spazio di tempo e memoria, che si snoda il suo lungo dialogo con il padre. E’ lì che si snodano e riannodano i ricordi, le immagini di un mondo semplice e povero nella sua materialità ed al tempo stesso ricco di valori, insegnamenti. I ricordi, le immagini dell’infanzia e degli anni della maturità di donna sembrano  accompagnati dai movimenti lenti delle mani del padre di Clara. Lenti e profondi come quelli di chi ha imparato a rispettare quella terra , dura e gonfia di fatica, che gli ha dato da vivere.

“La mani e la terra” non è una saga familiare. Non è solo un pezzo di quel “mondo dei vinti” che si racconta attraverso le vicissitudini di chi  scelse di compiere tremendi sacrifici per far studiare la figlia brava, per riscattare attraverso di lei tutta una vita di lavoro tanto dignitoso quanto amaro. E’ il ritratto, la foto virata in seppia di una storia come tante e proprio per questo speciale, preziosa. E’ la storia di Clara, dei valori che ha avuto in eredità e che hanno orientato – come una bussola – la sua vita. Una storia troppo preziosa perché – una volta scritta, quasi graffiata con l’inchiostro sui fogli – finisse dimenticata in un cassetto.

Per me, che conosco Clara da anni (quanti? Ne ho perso il conto in una  vita), si è trattato di una scoperta a metà. Questa storia, attraverso Clara, che mi parlava spesso di Gavi, dei suoi vecchi, dei fratelli, degli amici di sempre, la conoscevo e ciò che non conoscevo lo intuivo leggendola tra le parole nel luccichio dei suoi occhi, nel suo sguardo che sembrava correre lontano alle sue colline, ma anche, soprattutto, nel suo modo di essere una donna straordinariamente “bella dentro”. L’altra metà mi si è disvelata leggendo pagina dopo pagina questo suo libro. Ed in fondo ho avuto la conferma che Clara, con la sua sensibilità,ma anche con la sua volontà, determinazione, tenacia, è davvero figlia di quel mondo di valori e di passioni, di tenerezze e ruvidità che – nella sua genuina verità – oggi manca; ed è una mancanza di cui s’avverte l’enorme peso e ci deve far riflettere sulla capacità che noi genitori di oggi forse non abbiamo più di trasmettere ai nostri figli valori che li guidino nelle difficoltà e li sorreggano nelle prove che la vita purtroppo riserva a tutti. 

 Ma non ci sono solo il Lemme e le vigne di Gavi nel microcosmo di Clara. C’è Omegna, la mia città, la città di Gianni Rodari, con il suo romantico lago contornato dal verde dei boschi e la Nigoglia, il torrente “ribelle”dalle  acque che scorrono in direzione ostinata e contraria verso nord, guardando in faccia i monti e voltando le spalle alla pianura. Qui si dice “La Nigoeuja la va in su e la legg la fèm nϋ! (La Nigoglia scorre in su e la legge la facciamo noi!) “. Ecco, io nel temperamento e nel carattere determinato di Clara ci vedo anche un po’l’influsso della mia città, che è stata anche la sua per tanti anni. Omegna l’ha vista giovane insegnante piena di vitalità, amata per l’impegno, ma anche per la sensibilità umana che metteva nel rapporto con i suoi alunni; ancora oggi, a distanza di tanti anni, non c’è volta che mi capiti di incontrare qualche suo alunno di allora il quale non mi chieda di lei. Omegna l’ha vista giovane sposa, qui è nato Nicola, qui ha affrontato la prima esperienza di mamma, lontana dai nonni, così preziosi per aiutare a crescere i nipoti. Omegna è il luogo del ricordo che ci accomuna, un ricordo che s’impasta di memoria e nostalgia per quando eravamo giovani insegnanti, entusiaste del proprio lavoro, che volevano cambiare il mondo. E’ a scuola che ho conosciuto Clara. Fra noi c’è stata subito un’intesa che dal “progettare insieme” per i nostri ragazzi si è trasferita alla sfera personale ed è stata amicizia, un legame profondo che nel tempo si è nutrito di qualche incontro – sempre troppo fugace per soddisfare la nostra voglia di raccontarci – e di lunghe telefonate, neanche troppo frequenti per i ritmi imposti a tutti dalla vita, ma che ci hanno fatto sentire vicine nei momenti che contano ( e, per ricordare un passaggio del suo scritto, “a scambiarci qualche anello di troppo!)

 Poi c’è Novara, la città “necessaria”, vicina al posto di lavoro di Bruno, quella che – con la famiglia che si ampliava per la nascita di Francesca – ha garantito a Clara un ritmo di vita più accettabile e l’accesso più facile alle   cure di cui ha poi avuto bisogno. Novara, con le fredde nebbie d’inverno che avvolgono i suoi viali, mettendo i brividi nelle ossa, ma anche la sorpresa –  in primavera – di scoprire un paesaggio, tutt’attorno alla città, che  si trasforma in un lucido specchio, dove l’ azzurro del cielo si riflette nelle acque delle risaie.

 Ma poi, soprattutto Gavi, certo, le radici, quelle che hai dentro sempre, quelle che non puoi dimenticare e non dimentichi, ma che nel ritmo concitato della vita – casa, lavoro, figli, famiglia, impegni sociali- forse accantoni un po’, ma restano dentro, profonde. Da lì nei momenti più duri attingi le forze per stringere i denti e andare avanti e le scopri preziose quelle radici, salde! Tornare al tuo paese è sempre un piacere, ritrovi i tuoi vecchi, i tuoi affetti, gli amici di sempre, riannodi i fili dei ricordi, scopri perfino che lontani episodi, confrontati attorno ad una tavola, hanno lasciato in chi li ha vissuti una memoria diversa! Nei momenti difficili, però, tornare non è solo un piacere, è una necessità dell’anima, aiuta a ricordare e ricordare è restituire al passato il suo valore per quelli che lo hanno vissuto e per te che in quel passato hai il tuo inizio ed hai costruito il tuo essere oggi. E’ così per tutti, ma talvolta non ce ne rendiamo conto, soprattutto se nella vita non abbiamo avuto la ventura di allontanarci mai dalla nostra terra, ma com’è bello, per chi come te, Clara, hai vissuto tanta parte della vita lontano dalla tua Gavi, tornare e sentirti a casa, circondata dall’affetto dei tuoi cari, ma anche da tanta gente comune che ricorda quando sei nata, e sa ed ha sempre saputo tutto di te attraverso le parole e le confidenze dei tuoi cari, della mamma Maria soprattutto che, tu lontana, raccontavano di te, di Bruno, di Nicola, di Francesca, delle gioie, dei dolori, dei successi, delle speranze, della tua vita, insomma, per farne parte e condividerla con chi ti aveva visto crescere.  

Il libro di Clara va letto e riletto. Fa bene al cuore ed alla mente. Trasmette sensazioni importanti. Anche chi non ha mai avuto occasione di incontrarla potrà conoscerla e , conoscendola, volerle bene.

                                                                              Nadia Gallarotti